Giuliano, Ugl: “sanità a pezzi. Riaprire gli ospedali chiusi”

“Occorre riaprire e mettere a disposizione dei cittadini i grandi poli di eccellenza come il Forlanini e il San Giacomo di Roma, chiusi in passato per scelte miopi” ha dichiarato il segretario nazionale dell’Ugl Salute Gianluca Giuliano. L’endorsement a favore dei due ospedali chiusi dalla Regione Lazio, il primo il 30 giugno 2015, l’altro il 31 ottobre 2008, arriva nel corso di un importante intervento del sindacalista, riferito all’analisi comparativa degli Annuari statistici del Servizio sanitario nazionale, curati dal ministero della Salute, di cui sono state messe a confronto dal sito quotidianosanità.it, le annualità 2010-2019. Ebbene, nel decennio preso in considerazione, il quadro che viene fuori è quello di un Ssn a brandelli, con evidente depauperamento del servizio pubblico. “Emerge con la limpidezza dei numeri la dieta forzata cui i vari Governi che si sono succediti nello scorso decennio hanno sottoposto il Ssn”, scrive Luciano Fassari autore dell’analisi. E Giuliano non perde l’occasione per incalzare: “In questo arco di tempo una indiscriminata spending review ha colpito costantemente la sanità pubblica italiana, producendo numeri da brivido. Nel periodo sotto esame – insiste – che copre 10 anni e si ferma a ridosso dell’esplosione della pandemia, sono stati chiusi 173 ospedali. In forte calo anche le strutture di assistenza specialistica ambulatoriale passate dalle 9.635 del 2010 alle 8.798 del 2019”. Il segretario si sofferma poi sulle criticità dell’assistenza territoriale, che risulta aver perso 1.952 strutture, come la medicina specialistica che da 9.635 ambulatori del 2010 è passata agli 8.798 del 2019. Una riduzione che ha pesato fortemente sugli operatori sanitari, con numeri da far rabbrividire: 42.380 operatori sanitari in meno “una ulteriore drammatica conseguenza – attacca ancora Giuliano – che hanno pagato i lavoratori direttamente e i cittadini con la riduzione del numero e della qualità dei servizi erogati”. Una situazione che non poteva non avere ripercussioni all’esplodere della pandemia. “Ci siamo trovati verso un punto di non ritorno – insiste – mettendo a nudo il fallimento delle scelte operate negli scorsi anni e ora bisogna far sì che i fondi provenienti dall’Europa per la sanità siano gestiti con rigore e senso di responsabilità”. Un monito che deve basarsi su una terapia d’urto che guardi al rilancio del Servizio sanitario pubblico attraverso alcuni punti fermi da cui, secondo il sindacalista non si può prescindere: taglio agli sprechi, controllo degli appalti, sblocco del turn over. Un impegno che passa attraverso la fine del precariato, l’adeguamento stipendiale alla media Ue, l’ammodernamento delle strutture ospedaliere e ambulatoriali, con un occhio particolare agli ospedali storici chiusi e inutilizzati, che potrebbero invece rappresentare una risorsa in una sanità pubblica rinvigorita.

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