Post Covid, ripresa difficile all’ospedale Grassi di Ostia

Ospedali del Lazio, è una assistenza a singhiozzo quella del post Covid-19 e coloro che dovrebbero guidare la ripresa stentano a ingranare la marcia, tanto da costringere qualche primario a raccomandare l’accesso al pronto soccorso solo in caso di effettiva urgenza. Così, tra la paura dei cittadini ad accostarsi ai nosocomi, che ormai vedono come potenziali focolai di infezione e i timori degli operatori sanitari, non è infrequente il caso di rinuncia alle cure, tanto da far temere a molti esperti altri tipi di pandemie. Patologie cardiologiche, oncologiche, ortopediche, malattie croniche e tanti altri controlli indispensabili hanno lasciato il posto alla paura di avvicinarsi ad Asl e ospedali. Tra questi il Grassi di Ostia, struttura su cui grava un bacino di utenza di 500mila cittadini destinato a raddoppiare nei mesi estivi. Individuato all’inizio della pandemia come Covid hospital, ha dovuto sperimentare i cosiddetti percorsi separati che ancora mantiene, nonostante abbia cessato la funzione di ricovero per gli infettivi. E non mancano le criticità relative a una ripresa tumultuosa dell’attività ordinaria. Troppo hanno pesato le chiusure degli ambulatori di via Federico Paolini, di Casal Bernocchi che assorbiva tutta l’utenza dell’entroterra della Asl Roma 3 e della casa della salute al Sant’Agostino, ancora chiusa e sulla cui riapertura non c’è nessuna sicurezza. Se a ciò si aggiunge la sospensione del servizio di telemedicina, considerato l’eccellenza della struttura, il quadro è complesso. Dopo il lockdown gli accessi in pronto soccorso sono più che raddoppiati: “da una media di 60 visite quotidiane siamo passati a oltre 100”, spiegano alcuni infermieri, che insistono “dovendo rispettare i rigidi protocolli di distanziamento sociale e tutte le altre norme che razionalizzano il nostro lavoro, se le cose non cambiano non riusciremo a reggere l’impatto”.

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