Sanità Lazio, il declino del servizio pubblico

Dal segretario provinciale aggiunto del sindacato Fials, dottor Davide Leso, riceviamo e volentieri pubblichiamo:

La Fials, malgrado la parabola discendente del fenomeno coronavirus, continua a registrare segnalazioni provenienti da diverse strutture sanitarie di Roma e provincia. L’indignazione degli operatori sanitari esposti al rischio infettivo cresce in modo esponenziale, specie alla luce del recente scandalo “Mascherina Gate”, presunta truffa che ha trafitto la Regione Lazio. La carenza di dispositivi di protezione individuale (Dpi) e in alcuni casi la qualità degli stessi, ha sollevato pesanti interrogativi sulla gestione dell’emergenza gestita dalla Regione, con dichiarazioni contraddittorie da parte dell’assessorato regionale alla Sanità. Tale complessa situazione ha scatenato all’interno delle aziende sanitarie disagi e paure di non poco conto, considerati i numerosi casi di positività tra gli addetti ai lavori e la percentuale di decessi documentati dalle cronache quotidiane. Lo stato di incertezza ha esasperato una già nota difficoltà delle strutture ospedaliere e territoriali, di cui sono testimoni i nostri rappresentanti sindacali. Basta vedere cosa accade al policlinico Umberto I, dove la Fials e altre organizzazioni sindacali denunciano all’unisono la gestione fallimentare di una azienda ospedaliera allo sbando e invocano un commissario straordinario. Si chiede, in tale sede, più sicurezza per infermieri, tecnici, ausiliari, impiegati e medici. Purtroppo dobbiamo constatare che un’eccellenza italiana è alla deriva, con lavoratori frastornati e impauriti. Si spera in un immediato intervento della Regione che sollevi da questo imbarazzo il direttore generale dottor Vincenzo Panella. Sicuramente le cose non vanno meglio nelle Asl di Roma e provincia, in cui le unità operative territoriali che non hanno potuto fare il lockdown, lamentano la difficoltà di reperire presidi di protezione. Tra queste la Roma 2, il cui responsabile della unità operativa “Gestione economica risorse umane”, il 9 aprile ha risposto a una nostra richiesta ammettendo di non poter fronteggiare l’ondata pandemica perché “l’azienda era sprovvista all’origine e scarsamente provvista in itinere di Dpi”. Nella Asl Roma 3 le cose non vanno meglio. Oltre ai citati problemi abbiamo avuto a che fare con la positività di un nostro dirigente sindacale, che dopo il ricovero per polmonite e le amorevoli cure in ospedale, è stato abbandonato in un isolamento domiciliare fronteggiato solo grazie alla sua esperienza di infermiere. Anche l’azienda San Camillo Forlanini ha mostrato tutte le sue lacune gestionali, alternando nell’arco di 40 giorni fasi organizzative confuse. Covid hospital si, Covid hospital no, utilizzando strutture non qualificate e frettolosamente adattate ma egualmente non idonee a contenere patologie infettive, condizione che il nostro sindacato ha prontamente denunciato ai direttori del servizio di igiene e di prevenzione e sicurezza sul lavoro della stessa Asl. In ogni caso, l’ospedale di Monteverde ha mostrato tutta la sua vocazione social e non certamente la sua mission aziendale. Neanche l’azienda regionale del 118 si è salvata dalla debacle del servizio sanitario regionale, almeno per quanto riguarda Roma e provincia. Scorrono davanti ai nostri occhi le immagini delle ambulanze con pazienti con sospetta positività al Covid in attesa, a fungere da camere di isolamento davanti al pronto soccorso del policlinico Gemelli e dell’Umberto I. La Fials non può rimanere impassibile di fronte al declino del servizio sanitario regionale pubblico, in favore di un “Sistema privato” che non può farsi carico di una responsabilità così importante. E’ una gestione iniziata nel 2013 che ha prodotto soltanto un aumento dei costi, un peggioramento dei servizi sanitari e un costante scadimento delle condizioni di lavoro a cui non ci abitueremo né ora né mai.

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