La sanità fuori dal commissariamento. Ora si deve superare il piano di rientro con il ripiano dei debiti

La Conferenza Stato-Regioni ha dato il via libera alla fine del commissariamento della sanità del Lazio, decisione fortemente sostenuta dal ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia (Pd), che ora attende la deliberazione del Consiglio dei ministri. Dall’11 luglio 2008, dopo quasi 12 anni, anni Asl e ospedali potranno tornare ad assumere e procedere a una riorganizzazione del servizio, come previsto dalla delibera approvata dalla giunta regionale lo scorso 21 gennaio, che recepisce il ‘Piano di riorganizzazione, riqualificazione e sviluppo del Servizio sanitario regionale 2019-2021’. Gli obiettivi sono ambiziosi: 1200 assunzioni l’anno, 4 ospedali in più a Tivoli, Rieti, Formia e Latina, potenziamento della medicina territoriale e dell’assistenza domiciliare ma nessuna riduzione dell’altissima tassazione Irpef e Irap causa i mutui contratti negli anni, né si prevedono soluzioni per gli ospedali San Giacomo e Forlanini, chiusi da anni – 31 ottobre 2008 il primo, 30 giugno 2015 il secondo – cui è stata sottratta dalla Regione Lazio la funzione sanitaria. Grande soddisfazione è stata espressa dai vertici regionali e da molti rappresentati del Consiglio di via della Pisana. “Avevamo preso un impegno e lo abbiamo mantenuto: oggi la Regione Lazio è uscita dal commissariamento della sanità”, sostiene Rodolfo Lena, consigliere della commissione regionale Sanità. “Un risultato importante – continua l’esponente del Pd – che abbiamo ottenuto con l’impegno, il lavoro e la buona politica. Dopo più di 10 anni inizia una nuova stagione per la sanità della nostra Regione, si azzera il disavanzo e si va in attivo”. Non la pensa così Davide Barillari, portavoce regionale del Movimento 5 stelle: “l’uscita dal commissariamento – scrive sulla sua pagina facebook – annunciata da Zingaretti per lunghi sette anni, non farà scomparire i sacrifici che ancora si dovranno fare per rispettare il Piano di rientro che durerà ancora diversi anni, nel corso dei quali dovranno essere ripianati tutti i debiti. E tra questi l’ormai famoso ‘buco’ di circa un miliardo di euro che graverà sulle spalle dei cittadini fino al 2032. Lo pagheremo tutti noi con 91 milioni di euro ogni anno”. 

 

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