Primo intervento: non abbassare la guardia

Imponente manifestazione guidata dai sindaci di 5 comuni del Pontino contro il decreto 70/2015

Sabaudia, Sezze, Cisterna di Latina, Priverno e Cori, c’erano tutti in piazza, cittadini del territorio pontino, riuniti nei comitati civici e guidati dai loro sindaci. Ma neanche la festosa coreografia realizzata dagli sbandieratori di Cori ha lenito la rabbia contro la cosiddetta “rimodulazione” dei Punti di primo intervento (Ppi), ovvero la chiusura dei presidi di emergenza che sarebbero sostituiti con una ambulanza medicalizzata. Il tutto dovuto a un decreto ministeriale, il numero 70 del 2015, frutto dei contestati tagli lineari dei servizi sanitari su cui si sono riversate molte critiche e alla decisione regionale di applicare alla lettera tale disposizione. “Oggi protestiamo contro la scelta del presidente della Regione Zingaretti che vuole trasformare i Ppi in meri ambulatori a copertura diurna con un’ambulanza del 118 a garanzia nelle ore notturne” ha dichiarato Massimo Silvi, presidente del Comitato civico di Cori. “Finora sono ben poche le case della salute attive sul territorio, quindi prima pensiamo ad un modello di sanità alternativo e poi chiudiamo le strutture esistenti”, ha rincarato la dose Tommaso Conti, già sindaco di Cori e oggi a fianco dei cittadini in lotta. Il risultato della manifestazione si è concretizzato nell’impegno della direzione generale della Asl di Latina a mantenere aperti i Ppi fino al 31 dicembre 2019, per garantire l’assistenza in emergenza ai residenti dei comuni pontini. Un bacino di utenza di 200mila persone nei mesi invernali, che raddoppia in estate. I cittadini però non abbassano la guardia finché non saranno realizzati servizi sanitari soddisfacenti, in grado di sostituire quanto soppresso.

 

“Quel decreto va ripensato”

I residenti in zone disagiate chiedono l’intervento del ministro per modificare il provvedimento

Non solo la provincia di Latina. Contro il decreto 70 del 2015, che taglia i punti di primo intervento si pronuncia anche il Cisadep, coordinamento italiano sanità aree disagiate di montagna e ultra periferiche, che da tempo raccoglie le istanze delle popolazioni residenti in tutta Italia, mobilitate per tutelare il diritto alla salute, contro quelli che sono stati definiti “tagli indiscriminati”. I rappresentanti del coordinamento sono stati ricevuti lo scorso 22 novembre al ministero della Salute. Nell’incontro con la segreteria tecnica del ministro Giulia Grillo, la presidente Emanuela Cioni, a nome dei residenti di tutte le regioni italiane che si riconoscono nelle rivendicazioni, ha chiesto “un ripensamento e una modifica sostanziale del provvedimento per garantire una vera emergenza urgenza, un affidabile percorso nascita, una serie di servizi di supporto e una vera struttura ospedaliera in grado di tutelare la salute, come previsto dall’articolo 32 della Costituzione, oggi non rispettato nelle periferie”. Situazione delicata quella dei servizi di emergenza/urgenza nelle strutture sanitarie montane e ultra periferiche, i cui rappresentanti hanno più volte chiesto il riconoscimento delle stesse quali “presidi di area particolarmente disagiata”, la cui situazione negli ultimi tempi, secondo i membri Cisadep è decisamente peggiorata in tutta Italia. Impegno del dicastero di lungotevere Ripa, sarà la definizione di una normativa specifica, che accolga le richieste presentate dal coordinamento, affinché la tutela della salute diventi reale nelle aree critiche del nostro Paese.

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