Sanità carceraria, novità e polemiche

Istituito il nuovo osservatorio regionale. Va avanti la riforma del 1999 con la cartella sanitaria informatica

Una riforma di difficile applicazione. Partito nel 1999, con il decreto 230, il passaggio di consegne tra ministero della Giustizia e dicastero della Salute in tema di cure e assistenza ai reclusi, ha richiesto un ventennio per trovare piena applicazione. Norme nazionali, regionali, accordi tra Stato ed enti locali e ancora, tavoli tecnici, gruppi di lavoro e osservatori territoriali per arrivare, nel Lazio, allo studio della cartella clinica informatizzata e alla implementazione di una rete per intercettare bisogni e fornire risposte. Nella nostra regione sono presenti 14 istituti di pena per adulti e uno per minori, più un centro di prima accoglienza, con una popolazione di 6.303 reclusi maggiorenni. Tutte le Asl, esclusa la Roma 5, si trovano a gestire almeno un istituto di detenzione e il coordinamento tra queste e le amministrazioni competenti è rappresentato dall’Osservatorio permanente sulla sanità penitenziaria. Una delibera della giunta Zingaretti del 22 maggio scorso, ha cambiato la composizione dell’Osservatorio istituito nel 2009 ma è polemica. Per primi sono insorti i rappresentanti sindacali e del volontariato, esclusi dall’organismo, che vede tra i propri rappresentanti dirigenti, funzionari, esperti incardinati nelle amministrazioni competenti – sanità regionale, amministrazione penitenziaria, garante dei detenuti, rappresentanti Asl – e alla Pisana sono già pronte le interrogazioni al presidente del Consiglio regionale. Considerato che la partecipazione all’organismo è a costo zero, sindacalisti e volontari si chiedono il perché di una esclusione che accrescerebbe le criticità del sistema.

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