Sanità, i tagli non finiscono mai

Matteo_Renzi_Senato1Sanità: ancora lacrime e sangue. La spending review da 5,2 miliardi prevista dalla legge di stabilità 2015 e da residui provvedimenti ancora in itinere, tutti nel nome dei maxi tagli ai servizi per i cittadini, farà sentire tutto il suo peso sulle Regioni e, di conseguenza, sulla sanità pubblica su cui inciderà per 2,6 miliardi. C’è una intesa preliminare tra esecutivo e governatori, nel dettaglio dovremmo sapere entro la fine di marzo dove si andrà a colpire ma di sicuro, 285 milioni già destinati all’edilizia sanitaria, ovvero alla ristrutturazione e messa a norma di molti ospedali, spariranno dai bilanci regionali. Nel nome della “razionalizzazione e maggiore efficienza delle strutture”, si dovrebbe intervenire là dove si annidano gli sprechi. Facile a dirsi, difficile da praticare, in un settore ormai dissanguato con una media di posti letto (3,7 per 1000 abitanti), di molto inferiore a quella Ue (4,8). Il leit-motiv è sempre uguale da anni: cancellare i reparti “duplicato” e intervenire sulle forniture di beni e servizi, senza contare che l’inserimento dei nuovi livelli essenziali di assistenza (Lea) sostenuto dal ministero della Salute, dovrebbe incidere sulla spesa per 414 milioni. Alcune regioni non ci stanno, tra queste il Veneto e la Lombardia che annunciano il ricorso alla Corte costituzionale contro la manovra mentre nel Lazio i medici di diverse sigle sindacali sono in agitazione e valuteranno, dalle risposte ottenute dal presidente Nicola Zingaretti che li ha convocati, l’opportunità di scendere in piazza entro il mese di marzo. Le rivendicazioni delle sigle in agitazione – AnpoAscotiFials Medici, Cimo, Fassid, Fedir Sanità, Fesmed e Ugl Medici – spaziano dalla situazione dei pronti soccorsi e dipartimenti di emergenza, interessano gli oltre 1000 medici precari, toccano il deficit della sanità regionale progressivamente ridotto fino al 2012 e tornato a crescere di circa 20 milioni di euro nel 2013. Si passa poi alle case della salute e i previsti reparti a degenza infermieristica, che secondo i medici, oltre a travisare le competenze professionali, produrrebbero prestazioni fittizie, demagogia e costi elevatissimi per il contribuente. Sul piede di guerra anche i Veneti che, annunciando il ricorso alla Consulta, fanno appello alla applicazione dei costi standard mentre la Lombardia, considerandosi “regione virtuosa”, vede nella applicazione dei tagli “lesa la potestà legislativa regionale”.

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