L’ospedale “snello”, una proposta per il futuro

l43-pronto-soccorso-120220194304_mediumdi Luigi Zulli*

Il medico d’urgenza si confronta ogni giorno, tra mille difficoltà, con tutte le patologie acute perciò deve avere un background culturale per mantenere una competenza e una conoscenza approfondita sulle tematiche dell’emergenza. Oggi il medico d’urgenza non può e non deve essere un tuttologo, non può continuare a essere uno “smista pazienti” ma è il medico della prima ora e forse anche della prima settimana, trattando un paziente su cui la sua azione rapida e tempestiva decide la prognosi a breve, medio e lungo termine. Il medico d’urgenza deve prontamente stratificare il rischio e individuare i livelli di intensità di cura appropriati per ridurre l’errore diagnostico e migliorare l’assistenza ai pazienti  che si trova a gestire, nella sua poliedricità operativa. Partiti nel 2001 da situazioni retrive, con l’esigenza di strutturare un pronto soccorso che rispondesse alle esigenze del nascente Dea (dipartimento di emergenza accettazione) di 2° livello, lottiamo tutt’oggi con il sempre crescente numero di accessi. Primo obiettivo è gestire tempestivamente – scientificamente e tecnicamente nel migliore dei modi – il paziente e assicurargli una fausta prognosi, evitando lunghe attese agli altri pazienti presenti in pronto soccorso. Da una situazione logistico-strutturale-architettonica che prevedeva l’assistenza alla “monoemergenza”, ci siamo man mano organizzati per rispondere alla pluriemergenza quotidiana e finanche alla maxiemergenza, soprattutto oggi che, pur essendo Dea di 1° livello dal giugno 2012, dobbiamo far fronte a un numero di codici rossi e gialli (pazienti gravissimi o gravi) pari a quello dei maggiori ospedali della capitale. La nostra ottica era e rimane la gestione del malato nella prima ora, la First Golden Hour degli anglosassoni, per costruire flussi di assistenza e organizzare il pronto soccorso con una modularità per livelli di intensità di cura, che preveda finanche il ricovero in Medicina d’Urgenza non oltre le 72-96 ore, attuando il massimo filtro per i reparti di terapia intensiva. Il nostro obiettivo è mirare a un “Ospedale snello”, dove non esistano barriere culturali e interprofessionali, dove – al di là della spending review, blocco del turn over, taglio indiscriminato dei posti letto – con risorse umane, logistiche, strutturali, economiche adeguate, si arrivi a una modularità anche nei reparti di degenza ordinaria. Oggi la sanità paga un prezzo altissimo, il cui costo ricade anche sulle spalle degli operatori che, comunque continuano ad assicurare sempre i massimi livelli di cura.

*direttore Medicina d’Urgenza e Pronto soccorso Azienda ospedaliera San Filippo Neri    

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